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La “magia”​ nel mondo virtuale

8 Apr 2020

Tutto è iniziato lo scorso fine febbraio. Una società partner ed amica aveva partecipato ad una delle nostre iniziative di formazione e ne era uscita convinta che la facilitazione Matter sarebbe stata essenziale per la riuscita del loro retreat, programmato per i giorni a cavallo tra fine marzo ed aprile, in un piccolo paese alle porte di Londra.

Dopo aver fatto un piccolo assessment interno abbiamo deciso chi li avrebbe seguiti e ci siamo dati appuntamento per identificare insieme, come di consueto, gli obiettivi e gli outcome desiderati per il retreat e, a partire da quelli, progettare l’agenda ed i filoni di lavoro. Nel frattempo, abbiamo avviato le ricerche, buttato giù le prime domande, e soprattutto, abbiamo bloccato le agende e ci siamo preparate a “partire”…

Inutile che provi a descrivere come sia cambiato il mondo nei giorni successivi e quale impatto il Covid-19 abbia avuto nella vita di tutti noi. Ciò nonostante, una volta assicurata la salute e la sicurezza dei partecipanti, ci siamo equipaggiati con la tecnologia necessaria per lavorare a distanza, e abbiamo deciso di confermare il retreat e trasferirlo nel mondo a noi meno “preferito”, il virtuale!

Per i nostri clienti e per la community era un’occasione unica di conoscersi, scambiare conoscenze, competenze, interessi professionali e, a partire da quelli, creare un linguaggio comune ed identificare opportunità concrete di business. Rischiavamo, certo, entrando in uno spazio bidimensionale grande quanto uno schermo, ma il gioco valeva la candela: loro avrebbero passato del tempo prezioso con le loro persone per scoprire e creare all’interno di uno spazio sicuro, noi avremmo potuto sperimentare il nostro metodo (e noi stessi) all’interno del nuovo contesto “virtuale”.

Diciamo sempre di avere un martello per ogni chiodo, ebbene, abbiamo un modello per ogni occasione: Scan, Focus, Act. Nell’approcciare questo workshop che si sarebbe articolato su tre mezze-giornate successive abbiamo deciso di dedicare il Day 1 allo Scan (esplorazione di mondi possibili), il Day 2 al Focus (approfondimento e test di idee/soluzioni), il Day 3 all’Act (lancio e messa a terra delle idee/soluzioni identificate), proprio come un workshop “In Real Life”.

Ma come si fa a fare “Scan” in virtuale? E “Focus”? E “Act”? Abbiamo imparato che è bene iniziare a fare “Scan” molto prima: pre-work diversi e spalmati nel tempo (dalla raccolta di Case Study, alla visualizzazione della Community nel futuro, sino all’identificazione di esempi di Eccellenza) i partecipanti hanno avuto modo di riflettere, scrivere e persino disegnare nelle settimane precedenti l’evento. Questo ci ha consentito di raccogliere gli input fondamentali per le giornate di evento (i cosiddetti “building blocks”) e di attivarli sin da subito all’interno della comunità.

Presto ci siamo resi conto che preparare un evento virtuale richiedeva non solo di approfondire i contenuti e disegnare dettagliatamente il processo, ma anche di aggiungere la nuova colonna “Tech” alla nostra agenda, in cui annotare le transizioni tecnologiche e più in generale il “run of the show”. Va da sé che due facilitatori (o facilitatrici nel nostro caso) non erano più sufficienti, anzi, bastavano appena se occupate l’una a “guidare” il gruppo e prendere appunti e l’altra a moderare la chat, lanciare le istruzioni, archiviare, etc. Chi avrebbe messo la musica? Chi avrebbe organizzato le stanze virtuali? Chi avrebbe recuperato i partecipanti “lost in the virtual space”? E così siamo diventate tre: una lead facilitator, una moderator e una tech lady, tutte perfettamente visibili ed accessibili ma con aree di focus diverse e complementari.

Quante volte ci siamo sentiti dire ”Queste giornate di workshop sono troppo lunghe e intense” sino a” Voi siete degli schiavisti”?… Ebbene, in un workshop virtuale il tempo è una variabile fondamentale. Non potendo (né volendo) imprigionare i partecipanti in Zoom per giorni e giorni è bene organizzare sessioni più brevi (3 ore e mezza) e in giorni successivi. Il tempo tra una sessione e l’altra può essere usato produttivamente per approfondire (insieme al cliente) gli output creati dai partecipanti e utilizzarli al meglio come input per il lavoro successivo. Sarà importante aprire le giornate ricapitolando il lavoro svolto precedentemente e preparando la nuova giornata così da “rientrare” insieme nel flusso di lavoro e muoversi al meglio all’interno delle stanze virtuali. Preparatevi a nuovi commenti “Non abbiamo avuto abbastanza tempo” “Voi siete brutali…” ma se tutto va per il meglio, se ne andranno con l’appetito di portare avanti quelle conversazioni, anche senza di voi.

Noterete che nel mondo virtuale le persone litigano meno, sono più allineate… non fatevi fregare! Tanto sembrerà difficile a voi “sentire” cosa succede veramente nella stanza quanto loro potranno incontrare difficoltà a “esprimersi” appieno. In effetti, vi sembrerà che si “comportino bene” in realtà si “comportano meno”. Pertanto, può essere utile mixare i format (plenarie, sottogruppi, attività individuali, a coppie), essere sempre orientati agli outcome del retreat senza dimenticare di creare spazio per le emozioni, prevedere brevi moduli di attivazione fisica (meditazione, karaoke…), concedere delle vere e proprie pause, e chiedere (perché vi interessa) “Come state?”.

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Chi ci conosce sa che la magia è l’elemento più straordinario, emergente, inaspettato, emozionate e non sempre presente all’interno dei workshop. La magia non può essere creata, eppure noi facciamo del nostro meglio per creare le condizioni affinché emerga

Erica Melloni, Solution Designer and Facilitator, Matter Group

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